Festa di San Michele - Carmignano - Prato


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Bianco 2010

2010

presenta:

"...Tutto quello che resta... "

BIANCA ANZIANA: Stasera, Arrigo, ho voglia di scriverti. Scriverti nuovamente di ciò che è successo, di ciò che ho visto, di ciò che è stato. Continuare quelle lettere, di tanto tempo fa, quando eravamo giovani; riannodare i fili spezzati di queste pagine ormai datate, e apporvi sopra la parola “fine”. Quando si arriva alla mia età ci si accorge di alcuni momenti della nostra vita che appaiono immancabilmente più marcati. Ci si rende conto che quei ricordi, che sono i più forti, riaffiorano con prepotenza, e scappano via dalla mente e dalle nostre labbra, per assumere vita propria, e senso compiuto. Uno di questi ricordi è, per me, la fabbrica della Nobel.
RIONE: Stasera vi racconteremo una storia d’amore, interrotta 67 anni fa, durante gli anni della Guerra, dell’oscurantismo nazi-fascista, in un’Italia piagata dal male che veniva dal Nord. Il luogo è Carmignano, che ha ospitato, per buona metà del Novecento, una fabbrica di dinamite, la Nobel, o Nobile, come veniva chiamata da queste parti. L’ubicazione fu scelta alla confluenza dell’Arno e dell’Ombrone, per la ricchezza d’acqua e il naturale nascondiglio fornito dai poggi circostanti. I muri di calce scrostati, le grandi arcate dei padiglioni e l’enorme ciminiera ci suggeriscono la prova dell’esistenza di questo amore, di queste lettere, che ci guidano alla scoperta di quanto rimane. E’ solo una delle tante vite che potremo raccontarvi, ma siamo certi che, tra tutte, è la più vera. Questo infondo è quello che è stato, ma, per noi, è… tutto quello che resta…

UNA NOTTE DAVANTI AD UN CANCELLO
BIANCA ANZIANA: Sono davanti al grande cancello chiuso, chiuso su quel passato ormai concluso, su questi sentieri percorsi troppo tempo fa. “NOBEL CARMIGNANO”, si legge a stento, su una colonna. Quanti ricordi, Arrigo, dentro questa fabbrica! A volte il passato torna improvvisamente, come se si fosse ricordato di te. Spalanca abissi rimasti chiusi e taciturni per anni, scavando nell’oscurità che lo avvolge un solco di speranza. E allora perché non provare, spingersi oltre questa livida barriera, in quel tempo ormai perso per sempre…
BIANCA ANZIANA: In questa notte di ricordi, sembra normale avere paura. Entrata dal grande cancello, un fitto bosco si estende per 90 ettari, dove anche i raggi della luna stentano ad entrare. E’ qui che comincia il mio racconto.
BIANCA ANZIANA: I rami di questo bosco proteggevano la fabbrica dagli attacchi aerei; oggi custodiscono i contorni di immagini di tanto tempo fa, ricordi immersi in un tempo dove i colori più vivi sembrano perdersi. Rileggerò le lettere che ho scritto per te, Arrigo… e dandoti il braccio percorrerò di nuovo questi sentieri. E’ così che, stanotte, potrò sentire nuovamente la sua forza.
BIANCA ANZIANA: Ancora qui, io, Bianca, vedo le ombre di questa notte farsi mani, volti; riconosco quelle persone… Sono vive, attorno a me, nel mio ricordo… Ecco che tutto torna come era prima…e mi rivedo giovane come una volta!

LA FABBRICA DELLA NOBEL
RIONE: La Nobel era uno dei più grandi dinamitifici italiani. Fu fondata nel 1912, dalla Società Anonima Dinamite Nobel, con l’acquisto dei poderi di San Momeo, di proprietà Franceschini, detti di Terrarossa. A questa prima porzione di area, fu dato il nome di “Nobel Carmignano”. In seguito furono aggiunti altri appezzamenti di terra, sui quali vennero edificati, in crescente continuità, nuovi reparti di fabbricazione, fino all’occupazione dell’intera area. Nel 1943 vi lavoravano, giornalmente, più di 3.500 carmignanesi.
BIANCA GIOVANE: Caro Arrigo, è già passato un mese dal primo giorno che sei partito per la guerra. Mi hanno spostato più su, nel padiglione VII, dove ci siamo incontrati: sono insieme ad altre sessanta donne. Qui respiro fumi tutto il giorno, lavoriamo alla mescita in grandi vasche, ma mi trovo meglio. Ho ricevuto la tua lettera, e sono contenta di sapere che anche te stai bene.
RIONE: La fabbrica Nobel, era un mondo assestante, con la mensa, la clinica per le visite periodiche, uno spaccio aziendale, dove si acquistavano prodotti a prezzo più accessibile. Nei laboratori, invece, si testavano nuove combinazioni di esplosivi.
Lavorare alla “Nobile” era una vera fortuna e i pochi che vi entravano difficilmente rinunciavano a quelle condizioni. Il 24 Novembre 1943 il generale Leien dichiarò la Nobel uno stabilimento protetto.
BIANCA GIOVANE: E’ apparsa anche qui la guerra. Sul viale principale hanno steso una lunga fila di bandiere uncinate. Quel rosso è accecante. Arrigo, ti confesso che ho paura…

RIONE: Era il più grande stabilimento industriale nel raggio di chilometri. Centinaia di dipendenti, tra chimici ed operai comuni, talvolta anche bambini, cui era affidata la preparazione delle cartucce. Era fornita di un impianto industriale di prim’ordine per garantire l’efficienza produttiva. Vi erano chilometri di gallerie dove riporre al sicuro le sostanze esplosive, e decine di rifugi antiaerei.
BIANCA GIOVANE: Oggi, sento che mi manchi. Ho già preso la razione quotidiana di latte, per la disintossicazione dagli acidi, ma credo che questa tosse non passerà. La mamma e i babbo ti salutano… noi si sta tutti bene… Riguardati, Arrigo, e torna presto…

I NERI SERPENTI FUMANTI

RIONE: Tra il ‘40 e il ‘43, la Nobel fu trasformata in un complesso più moderno e all’avanguardia, con l’inserimento di una rete di 25 km di binari che collegavano i vari padiglioni tra loro e, attraverso la stazione di Carmignano, alla linea FI-PI. Un continuo andirivieni di treni che non lasciava tregua…
BIANCA GIOVANE: Ogni giorno, alla stessa ora, scendo giù, per vedere se arrivi. Seguo con lo sguardo quegli enormi serpenti fumanti che corrono, carichi, laggiù in basso. Mi si stringe il cuore ogni volta che vedo che non sei te a mandarli.
RIONE: Era pirite ciò che portavano. Un minerale colore argento, proveniente da Massa Marittima, di proprietà della Società Montecatini che controllava tutto lo stabilimento. I treni, oltrepassata la Stazione, attraversavano il ponte Bailey sull’Ombrone per entrare direttamente nello stabilimento, giungendo sul piazzale antistante. Lì avveniva lo scarico dei prodotti.

BIANCA GIOVANE: Ho fatto quello che non avrei dovuto fare. Ho violato il comando che ci impone il segreto militare su ciò che facciamo e vediamo. Io l’ho violato. Nell’ora di pausa, ho seguito il carico, procedere su, fino al reparto IV, quello della nitroglicerina dove hanno scaricato una grande quantità di polvere, che chiamano pirite. Ho visto cose che non immaginavo neanche di vedere. Spero che nessuno mi abbia vista…
RIONE: La zona più importante e complessa, infatti, era quella dedicata alla produzione della nitroglicerina. Nei padiglioni il composto era preparato come illustrato da Alfred Nobel alcuni decenni prima. Un processo lungo e difficile, ma indubbiamente spettacolare, a cui seguivano le pericolose prove di detonazione.
BIANCA GIOVANE: Il treno si è fermato sulla piattaforma della bilancia, dove hanno pesato il carico. Hanno preso questa pirite, l’hanno inserita dentro a grandi strutture. Una polvere tossica, omicida, che brucia gli occhi e toglie il respiro. È stato un attimo vederla incendiarsi, emanando una grande luce rossa e tanto fumo…
BIANCA GIOVANE: La luce di quella polvere, forte, dura, incisiva, mi ricorda il rosso delle bandiere che sono apparse da poco nel viale. Sono rimasta impressionata da ciò che succede negli altri reparti. Lavoro in questa fabbrica da cinque anni, e ancora non ne conosco che una piccola parte.

IL BOMBARDAMENTO DI COMEANA
RIONE: Tra la primavera e l’autunno del ’43 i quintali di esplosivo prodotto aumentarono in maniera esponenziale. Quasi il quadruplo. E l’importanza della Nobel crebbe di conseguenza.
BIANCA GIOVANE: Caro Arrigo, qui da noi, alla Nobile, tutto procede come sempre, con il suono della sirena. Ma dal fronte sentiamo notizie strane. Parlano di vittorie, ma niente mi conforterebbe di più del tuo ritorno. La guerra, mio caro, ha aumentato il lavoro. E non so se esserne contenta.
RIONE: Come stabilimento protetto la produzione fu destinata agli scopi del Reich. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Il fronte avanzava lungo lo stivale, e la Nobel divenne uno dei principali obiettivi degli Alleati. Protetta naturalmente dal bosco, dai colli circostanti, e dal forte vento della Gonfolina, nessuna bomba riuscì ad intaccare in maniera decisiva la produzione di dinamite.
BIANCA GIOVANE: Nel tentativo di bombardare la fabbrica, vengono colpiti i paesi circostanti. Ieri è toccato a Comeana. Per il Comando militare il paese doveva essere sgomberato.
BIANCA GIOVANE: In fila, silenziosi, trascinavano le loro poche cose nella neve, il necessario per vivere. Carichi, e stanchi di quella guerra inutilmente subita. Un ciuchino, tirando un carretto, pareva arare la gelida neve. Brandelli di sorrisi, solo negli occhi dei bambini. Rassegnazione, sul volto degli anziani. Gli infermi, invece, costretti a ripararsi con l’ombrello dal nevischio, e dal freddo pungente. Poi, nella notte, uno sparo. Un lampo rosso, veloce, fulmineo, ha ferito il lungo corteo: un plotone di tedeschi! Sono entrati nel bosco, dove hanno preso delle persone. E li hanno obbligati a seguirli…
RIONE: Andando via guardavano il loro paese distrutto: pochi i muri saldi e i tetti ancora inviolati. Lingue di polvere rossa salivano dalle case: tutto era un groviglio informe.
BIANCA GIOVANE: C’era una donna su quelle macerie. Maria, si chiamava. L’avevo conosciuta per strada. Metà della sua casa era distrutta. “Perché non fugge?” si chiedevano… Stava in mezzo alle macerie intrecciando i fili di rafia. Non c’era futuro, ma lei continuava ancora la sua unica treccia. Mi ha ridato speranza, Arrigo. Tua, Bianca, 20 Gennaio 1944.

L’ESTATE DI FUOCO
RIONE: Appena la neve lasciò posto ai campi dorati di grano, giunse, anche qui, la guerra, quella vera. Con decine di morti, rappresaglie e fucilazioni. Nell’incertezza del futuro.
BIANCA GIOVANE: Tutti i giorni arrivano lettere dal Ministero. Scrivono di ragazzi, come te, morti “per la patria”. E quante donne, sole, rimangono a piangere il destino! Ho capito solo ora che ero in una fabbrica di morte. Dio mio! Fa’ che tutto questo finisca!
RIONE: L’estate del ’44. Estate di fuoco. Mentre il sole saliva nel cielo, era lunga l’ombra sulla terra. L’ombra dei delitti compiuti: delitti contro madri, figlie, mogli, sorelle. Compiuti da una tragica e malvagia follia, che vede il destino degli uomini unito nella morte.
BIANCA GIOVANE: Arrigo, quello che nessuno avrebbe mai creduto si è avverato. L’11 Giugno, a mezzanotte, un gruppo di ragazzi ha fatto esplodere otto vagoni carichi di torpedini, fermi su un binario. Un urlo inquietante si è levato trascinando una nuvola di fuoco, e lasciando un cratere enorme. Schegge e proiettili hanno scosso il cielo e hanno mandato in rovina tutto quello che c’era intorno.

BIANCA GIOVANE: Attorno alla fossa ancora fumante c'erano quelle donne: piangevano disperate davanti alla tomba del figlio. Le sorvegliavano alcune sentinelle: in volto, maschere rosso fuoco... erano i veri colpevoli di quella strage che ci aveva colpiti...
RIONE: L’attentato mise fuori uso i binari della ferrovia, tagliando ogni possibilità di rifornimento per la Nobel. Non vi fu nessuna rappresaglia contro la popolazione civile, poiché i tedeschi preferirono far passare l’accaduto come un tragico incidente.

LE LETTERE DI BIANCA
RIONE: L’esperienza della guerra, il passaggio del fronte, i bombardamenti, ma soprattutto la tremenda esplosione dell’11 Giugno, minarono la capacità produttiva della fabbrica, che divenne, di fatto, inutilizzabile. Da allora cessarono i bombardamenti: la sirena smise di fischiare; e la storia prese un altro corso. Il bosco si impossessò della fabbrica, divenendone assoluto padrone.
BIANCA ANZIANA: La mente torna all’oggi, e alle mie mani, ora tremanti, che ti dedicano un ultimo pensiero. Tengo con me le vecchie lettere, il ricordo che mi resta di quegli anni, come petali di un fiore germogliato e caduto tanto tempo fa. Proprio il tempo, come una ragnatela, ha imprigionato le nostre parole, la nostra voglia di riabbracciarci…
BIANCA ANZIANA: Sfogliando queste vecchie pagine, dopo tanto tempo, ho trovato una foto. Due giovani, vestiti in abiti umili, davanti al cancello. Sorridono, si tengono stretti l’uno all’altro… ricordi? Lei i capelli raccolti, lui sudicio di carbone… Il sole illumina i loro volti, immersi nella radiante felicità della giovinezza… una data: 7 Giugno 1942… l’inizio della nostra storia…

LE ROVINE DELL’OGGI
BIANCA ANZIANA: Ho riletto volentieri i miei ultimi pensieri di quegli anni ormai lontani, eppure ancora amari. Mi accorgo di essere completamente cambiata. Sono diventata di colpo malinconica. Ammalata di una solitudine profonda che il tempo lontana da te mi ha dato. La mia, è una storia fatta di sogni, di rimpianti, di verità. Ma non smetterò mai di pensare a te, a questa fabbrica dove ci siamo conosciuti, a questo tempo che ha segnato la nostra distanza.
RIONE: Ad oggi, di questa realtà, restano soltanto poche testimonianze orali, che la memoria ancora ci conserva. La vecchia ciminiera, le rovine dei padiglioni, le tracce lasciate dal solco dei binari. Tutto rimane chiuso nel grande cancello, custodito e conservato nell’incessante scorrere del tempo, dagli spiriti di quei guardiani che dall’alto sorvegliano la Nobel e le sue storie.
BIANCA ANZIANA: Non so se sono proprio questa che vedo, ciò che ero, ma le somiglio. Anche lei racconta la mia stessa storia. Anche lei mi parla di questa fabbrica dove ha vissuto. Molte rughe aggiunte sul viso, gli occhi stanchi e persi nel vuoto degli anni, le labbra non più rosse.
Lei rientrerà nella mente, in quel periodo della mia vita. Io rimarrò qui, a vivere il presente, abbracciando le parole che vi ho appena raccontato; e chissà se mai più la rivedrò.
Arrigo, ho iniziato a piangere, in silenzio. Ho pianto per me, per l’infelicità che ho visto, e per tutti gli sguardi che ho incontrato là dentro. Ho pianto per tutti i colori dei fiori, e per l’atto esatto in cui si schiudono. Ho pianto per il grande cancello chiuso, per la vecchia ciminiera abbattuta. Ho pianto per chi, qui, ci ha vissuto, per i cuori che qui hanno vibrato. Ho pianto per il destino di questa nostra esistenza, ma soprattutto ho pianto per te, per te che non sei più tornato e mi hai lasciata qui, da sola.
RIONE: Pochi e rari sono i documenti reperibili rimasti a testimoniare l’esistenza e l’attività di una realtà industriale così importante come lo Stabilimento Nobel “Carmignano”. Il vecchio viale alberato è rimasto imprigionato nella sua monumentalità, abitato solo dalle migliaia di ombre di quanti se ne sono andati. Solo con la memoria e la tradizione orale di alcune persone anziane, esiguo numero di vecchie maestranze, è stato possibile riavviare la storia del dinamitificio, e dare una nuova voce alle lettere di Bianca e Arrigo…

BIANCA ANZIANA: Felicemente, ripenso a ciò che è stato… Le nostre vite si sono unite, Arrigo, 70 anni fa, per poi nuovamente dividersi, come le strade della Nobel e dei poderi di Terrarossa.

Un ringraziamento speciale ai rionali che anche quest'anno si sono adoperati nella ideazione e realizzazione della sfilata

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Foto e contenuti sono liberamente riproducibili dagli utenti, ma con l'obbligo di indicarne la fonte: festadisanmichele.it
Foto gentilmente concesse da Alberto Sforazzini Fotografo - Via Giotto - Poggio a Caiano


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