Festa di San Michele - Carmignano - Prato


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Verde 2008

2008

presenta

"Una Goccia di pura luce"

Quest'anno il Rione Verde, Rione dell'Arte vi racconterà la storia di una luce speciale. Quella dell'olio, nel mito e nella storia della nostra penisola; e quella di un olio speciale, quello "bono". Quello di Carmignano e dell'ulivo che gli è padre.

Dalla creazione del mondo la luce permea tutte le cose e le rende visibili. Senza la luce non vi sarebbero i colori, i volti degli uomini, la bellezza della natura. Quando l'oscurità avvolge le cose, la luce mette in fuga le paure.
E quando arriva la morte, la luce è il traguardo a cui l'anima tende.

Quando l'uomo accese il primo fuoco, uscì dal buio della notte primordiale ed entrò nella luce della storia. L'intelletto aveva domato la natura. L'ulivo fece la sua comparsa nel bacino del Mediterraneo. E da subito divenne simbolo di divinità e di pace. Il suo dono prezioso, l'olio, emerse dalla nebbia dei tempi puro e splendente, insostituibile; e tutti gli dei, come Atena, Iside ed Isthar ne vollero la luce:

una goccia di pura luce

Dalla Siria alla Palestina, poi via via all'Egitto e alle terre del Greci: e questi e i Fenici dalle loro splendide imbarcazioni lo portarono sulle coste della Spagna, del Nordafrica e dell'Italia. Fu così che un'argentea corona cinse il Mediterraneo.
Gli uomini pensarono che l'ulivo fosse un dono divino ed appresero ad usarne l'olio per nutrire, curare, abbellire il loro patrimonio terreno, il corpo. Ma ne vollero, come gli dei, anche la luce. Sparando forse di raggiungere, anch'essi l'eternità.

E poi l'ulivo giunse infine a Carmignano, portatovi dagli Etruschi. Iniziò così, per merito dei nostri misteriosi antenati, la storia del"nostro" olio. Una storia che ci ha accompagnato da allora ad oggi, e che continuerà anche dopo di noi; una storia parallela a quella ufficiale, testimone di tradizioni che affondano nei tempi più lontani; che uniscono il
sacro con il profano, ma che raccontano, meglio di ogni altro avvenimento, le radici della nostra cultura.

Passarono i secoli. Lontano, in Oriente, una cometa solcò i cieli. Per molti uomini era l'annuncio dell'arrivo della vera Luce,
quella che nutre la speranza terrena in attesa della vera vita. La Luce della Divinità fattasi uomo.
Quest'uomo sarebbe stato indicato come l' Unto dal Signore. Il Messia.

Ma, come dice Giovanni, "...i suoi non lo riconobbero..." e per i seguaci del Messia iniziarono le persecuzioni.
Prima a Gerusalemme, con Stefano, poi a Roma. Qui le arene degli Imperatori si arrossarono del sangue dei Martiri,
mentre, nelle catacombe, altri pregavano per essi. La fiamma delle lucerne alimentava la loro fede in GESU CRISTO, FIGLIO DI DIO, IL SALVATORE; ed illuminava il simbolo di Lui, il pesce, in greco

IKZUS

L'ulivo, l'olio e la sua luce erano entrati nella storia del Cristianesimo. La nuova Fede era giunta anche sulle nostre colline, dove vivevano i nostri antenati. Essi perfezionarono l'arte di coltivare gli olivi e di produrre l'olio, forse ne svilupparono anche il commercio rassicurati dall'ombra protettiva di Roma, che pareva garantire per sempre tranquillità economica e sicurezza.

Invece l'Impero Romano si divise, e Roma, la città che "aveva fatto una patria sola di genti diverse...e trasformato gli uomini in cittadini..." (come dice Rutilio Damaziano in "De reditu") cadde. Eruli, Goti, Bizantini sottomisero anche le terre di Toscana. Quando i Goti, nel 542, vi giunsero per la seconda volta, si spinsero sino a qui, da noi. Forse allora, come dice Antonio Ricci nelle "Memorie storiche del castello e Comune di Carmignano", la nostra Rocca subì il primo assedio della
sua storia millenaria. E a noi piace almeno sperare che gli assedianti abbiano ricevuto sul
capo, bollente, l'olio di Carmignano, versato dagli abitanti del borgo e da quelli della pianura rifugiatisi nel Castello.

Le invasioni si succedettero: dopo i Goti i Longobardi, i Franchi, i Sassoni. L'Italia divenne un loro feudo. Le popolazioni impaurite abbandonarono le campagne e si arroccarono. La natura ridivenne selvaggia, riappropriandosi degli spazi sottrattile
dall'agricoltura, come una madre che ritrova i figli rapiti. E altrettanto fecero l'ignoranza e la superstizione, che presero il
sopravvento nella mente degli uomini. Si era in pieno Medio Evo.

Era l'anno Domini 998, quando l'Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, Ottone III, conferì al Vescovo di Pistoia, Antonio, la giurisdizione della "Corte" di Carmignano. ..."Episcopatui Pistoiensi...Curtem Carmignanam...de Sejano...cum omnibus pertinentiis et adiacentis...plebs etiam cum servis et ancillis, vineis, pratis, pascuis....Antonino Episcopo ..."
"A tutti i nostri fedeli sia noto come noi, per l'amore di Dio e la salvezza della nostra anima, stabiliamo che appartengano all'Episcopato Pistoiese (in onore dei Santi Zenone, Rufino e Felice) tutte le cose e le proprietà pertinenti ad esso, e cioè: la Terra Vacua dove si trova il mercato di questa stessa città che ha un capo in Guardingo e l'altro in via Del Re, un lato nella terra di Zenone e in terra Tassimnotica e l'altro in via del Re, ....omissis...la Corte di Seano...omissis...la Corte di Santa Cristina, la Corte in Serra...omissis...la Corte in San Giusto con tutte le loro pertinenze ed adiacenze. Inoltre la plebe di...omissis Artimino, Sejano, Quarrata, San Paolo, San Giusto,...omissis...: e dovunque si trovino, con tutte le loro adiacenze e pertinenze: servi ed ancelle, vigne, prati, pascoli, campi, selve, terre coltivate ed incolte, acque, corsi d'acqua, acque da mulini e da pesca,...omissis...mercati e tutte le cose che Dio vorrà ugualmente in futuro aumentare.

Confermiamo altresì per la nostra autorità derivante dalla nostra carica (sottinteso: che tutte queste cose restino) a questo Episcopato e ad Antonino Vescovo di detta Sede per questo ordine nello stato loro proprio,
cosicchè rimangano senza contrasti, molestie, depauperamenti da parte di alcun uomo. Ordiniamo infine che nessun Comandante, Arcivescovo, Marchese, Conte, Visconte, Sculdasio, Gastaldo e nessuna grande o piccola persona del
Regno dia noia o molestia alla predetta Chiesa di Dio o ai Vescovi ordinati in essa...omissis...
Se qualcuno pertanto tenterà di contravvenire con qualunque pretesto alle parole di questi nostri ordini versi mille libbre di ottimo oro, metà alla nostra Camera e metà a detta Chiesa ed ai suoi Rettori. E affinchè tutti prestin fede a ciò, e lo osservino diligentemente ordiniamo che queste disposizioni siano rafforzate dal segno del nostro sigillo."

L'anno 1000 incombeva. La fine del mondo attesa e temuta con l'arrivo di questo, non vi fu. Nulla accadde e Carmignano si affacciò al secondo millennio sotto il dominio di Pistoia, che per secoli l'avrebbe contesa a Firenze.

Vennero messe a punto nuove pratiche agricole, i commerci rifiorirono timidamente, perchè solo i contadini delle Chiese e delle Abbazie come San Giusto, Sant'Alluccio, San Baronto avevano ripreso a coltivare l'ulivo e a
produrre l'olio: ma in quantità appena sufficiente ad esse, ai Signori, ai pellegrini che percorrevano la via Francigena; ed agli amanuensi che salvavano, copiando i testi antichi, il sapere dell'umanità al fioco lume delle lucerne.
E naturalmente, come nel è passato, l'olio era indispensabile alla liturgia del Battesimo, della Cresima, dell'Ordine e dell'Unzione ai moribondi.

Chissà se qualche secolo dopo questa veniva impartita anche a streghe, ebrei untori, ed eretici (veri o presunti) arsi qua e la per l'Italia? Tragicamente la fiamma delle lucerne degli inizi, fioca, ma che prometteva la vita vera, si era tramutata in quei secoli in quella del rogo splendente, ma che al contrario garantiva una morte atroce. La storia incalzava. Carmignano era passato ormai sotto l'egida di Firenze: prima coi Medici e il lusso delle loro corti rinascimentali, e poi coi Lorena e le loro riforme agrarie, le opere di bonifica idraulica e l'abolizione, primi al mondo, della pena di morte; poi sotto la Francia di Napoleone. Il paese ed i suoi abitanti non avevano apparentemente risentito di questi grandi fatti.

I loro problemi erano più contingenti: come dice ancora il Ricci, "...Mentre
il nuovo governo infastidiva gli uffici con la statistica, i briganti, i ladri, vigili nell'approfittarsi dei tempi a loro propizii
scorrazzavano liberamente il Comune, rubando e ferendo a man salva..." Con l'Unità d'Italia e i Savoia parve che la situazione dovesse migliorare. Invece, nelle nostre campagne, nelle case dei contadini, la miseria,
l'ingiustizia sociale, la fame. L'olio era scarso per tutti. Cioè, non per tutti: infatti ad alcuni condiva la minestra, i rapini,
il baccalà inzimino; o il pan de' Morti e la schiacciata con l'uva. E non si sporcavano le mani, costoro, a potare, ramare o brucare le olive. Una gelata o un incendio non li toccavano più di tanto. Erano convinti che l'olio fosse loro dovuto per diritto naturale. Per i più poveri invece esso era sinonimo di fatica, sudore e duro lavoro: ed era tanto poco, quindi prezioso. Veniva centellinato sul pane degli adulti, nella pappa dei bimbi e dei vecchi. Si stava al buio per non consumarlo nelle lampade: lo si doveva risparmiare per usarlo, Dio non volesse, come medicina o nelle pratiche magiche: per i pericoli dell'inconoscibile, più per lo spirito che per il corpo. Tutti, comunque, ricchi o poveri erano accompagnati nella loro vita dalle
vecchie, e note "Paure". Ma la fame dei figli era reale, e cancellava tutti gli altri pensieri: parve allora che fosse necessario cercare una vita migliore di quella che poteva dare la campagna, precipitata anch'essa nel baratro, apparentemente senza fondo, dei conflitti e delle crisi di sempre, che adesso si chiamavano Grande Guerra, crollo di Wall Street e Seconda Guerra Mondiale.

E allora..."La terra l'è bassa...si fatica tanto e 'un si
guadagna
nulla...in fabbrica si sta al coperto e 'un c'è
stagioni...basta presentarsi
con la voglia di lavorare e si è assunto...".
E allora via, via dalla campagna, dalle colline tanto amate.

Il passaggio fu epocale. La cultura contadina, che per secoli aveva fatto scuola e creato poeti spesso analfabeti, ma che sapevano cantare in rima con una poetica anche profonda, si spense. Gli uomini persero il loro essere uomini. diventarono anelli di catene senz'anima, semplice forza contrapposta ai saperi faticosamente acquisiti nel tempo.

E la scienza modificò i prodotti della terra, grazie alla chimica prima e alla genetica poi; la pubblicità, dilatando i suoi poteri, come un novello pifferaio magico, incantò grandi e piccini e li indusse all'acquisto di nuovi oggetti, creando nuovi desideri e trascinandoli a soddisfarli. E infine gli uomini, non tenendo più conto del valore delle cose, dopo un veloce consumo, frenetico ed inconsapevole, ne gettarono le scorie, senza ritegno, come in preda ad un raptus autodistruttivo, soffocando
l'erba dei prati ed avvelenando le acque. Le nostre colline e i nostri campi, fino a quel momento veri e propri giardini, si trasformarono e vennero sommersi da rovi ed erbacce.

Il 900 si chiuse con questa follia.

E la luce parve spengersi. Fino a che, grazie al cielo, vista, olfatto, gusto, soprattutto intelligenza e cuore non ripresero il sopravvento e con essi, faticosamente, " (C. Petrini) una nuova alfabetizzazione sensoriale e della terra ". E si è tornati al pan con l'olio.

Infatti qualcuno per fortuna si è fermato, in questa corsa dissennata: si è voltato indietro ed ha trovato la strada per un futuro che guarda all'antico. Ha riscoperto il valore della campagna e la sapienza dei secoli è tornata a risplendere insieme con la luce dell'olio che ha nutrito noi e i nostri avi nel corpo e nell'anima, di quell'olio che è stato, ed è ancora, fatica e
conoscenza, che esalta il sapore della nostra tradizione. Che genera le più profonde emozioni quando,"novo", appena uscito dal frantoio, nelle sfumate brume autunnali, in connubio perfetto col pane, sollecita le papille gustative con la sua pungente arguzia toscana. Che è, per noi tutti che lo amiamo, cibo e consolazione, profumo, sapore di casa, storia. Che affascina con la sua trasparenza dorata chi lo gusta per la prima volta, lo avvince e non lo lascia più; che è il simbolo della luce del sole al
quale l'uomo deve la vita e la gioia di viverla. Ricordiamocene, ed amiamolo, e rispettiamolo nel suo divino splendore:
perchè è religiosità, pace e veramente, nella sua essenza più intima,

UNA GOCCIA DI PURA LUCE

BIBLIOGRAFIA
A. Ricci Memorie storiche del Castello e Comune di Carmignano
Ed. Pro Loco Carmignano
Comune di Carmignano Assessorato all'agricoltura e al commercio
Un'indagine sull'agricoltura nel Comune di Carmignano
Ed. F & F Parretti Grafiche Firenze
G, Meschini Fritsche Quando la campagna era verde
Ed. Masso delle Fate
F. Panerai Carmignano. Quotidianità e istituzioni tra Ottocento e
Novecento
Ed. Masso delle Fate
Montanelli e Gervaso Storia d'Italia
Ed. Rizzoli
AA. VV. Grande dizionario enciclopedico
Ed. UTET
C. Petrini Buono, pulito e giusto
Ed. Einaudi
D. Cinti Storia delle Religioni
Ed. SEI

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Foto gentilmente concesse da Foto Ottica RADAR via Vittorio Emanuele II Poggio a Caiano


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