Festa di San Michele - Carmignano - Prato


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Bianco 2011

2011


presenta

Tra terra e cielo

Iddio vuol modo, e niuna cosa immoderata
piacque a quella eterna equitade.
SER LAPO MAZZEI


SER LAPO: Stasera parlare della mia vita potrà sembrare difficile. Molte le ombre che avvolgono gli anni della giovinezza, molti i dubbi che si affollano nell'età adulta. Ho raggiunto orizzonti lontano, e scrutato occhi che non mi conoscevano. Ancora non riesco a credere che sia passato tutto questo tempo da quel giorno lontano. Sono tornato dopo molti anni in questi luoghi della mia infanzia, dove ho ritrovato la mia vera casa. Ricordo ancora quella mattina mentre il sole, levandosi sopra l'orizzonte, si scioglieva in una ghirlanda dorata. La mattina in cui mio padre, prendendomi per mano, mi accompagnò nei campi cullati dal vento. E' qui che comincia la mia vita.

STORIA: Stasera torneremo indietro di sette secoli, riscoprendo nei meandri del nostro passato la vita di un uomo, Ser Lapo Mazzei. Nato a Carmignano, di umili origini, diventato grande; la sua storia: un'avventura degna di essere ricordata. Un sincero omaggio a questo paese, a questa terra, a quelle viti e a quel vino che Ser Lapo ha contribuito a rendere famosi in tutto il mondo, lasciando una traccia indelebile nella storia del nostro paese. Cresciuto all'ombra dei vigneti, odorando il profumo delle zolle. Vissuto ancorato alla profondità del suolo, con lo sguardo rivolto verso l'alto. Vissuto come le viti che la sua famiglia ha da sempre coltivato… tra terra e cielo.


SER LAPO: Tutto comincia in questa terra. La figura di mio padre si staglia sopra di me nel verde dei campi. Mi tende la mano, e afferra la mia. Con l'altra fa un cenno: indica un piccolo tralcio di vite. Le sue forti braccia scavano una buca, le mani nodose compattano il terreno attorno all'esile gambo. Ancora non lo sapevo, ma la mia vita sarebbe stata legata a questa vite, perché io, come lei, affondo le radici in questa terra, e levo le braccia verso il cielo. Questo è stato il primo segno che mi avrebbe guidato per il resto della mia esistenza.

STORIA: Il nostro racconto inizia a Carmignano, nella Carmignano della seconda metà del XIV secolo, tutta chiusa dentro le mura dell'antico castello. Forte baluardo di difesa, cingeva interamente la cresta di un alto colle, circondato da piantagioni di olivi e viti, e folti boschi di castagni. Il lungo percorso delle mura era regolarmente intervallato da possenti torri in pietra a difesa degli abitanti e del contado. Un fossato lo proteggeva dagli assedi più feroci, mentre le feritoie facevano pensare alle più recenti guerre.


STORIA: Le due porte lignee, una ad oriente, l'altra ad occidente, consentivano l'attraversamento del borgo. Giungendo dalle strette vie che si inerpicavano sui colli, il castello si dispiegava agli occhi in tutta la sua imponenza.

LAPO: Superate le difese, all'interno si scopriva un mondo totalmente diverso. Strade e vicoli si succedevano rincorrendosi, stretti in file di basse casupole dai tetti fumanti. Ogni tanto svettava una delle torri delle famiglie più in vista. Tra le altre, quella dei Mazzei, nella quale la mia famiglia abitava da secoli.
STORIA: “Carminiana fuit Mazzeiae stirpis origo”. L'origine della famiglia Mazzei a Carmignano si perdeva nella notte dei tempi. In principio erano bottai, fabbricanti di botti, come testimoniato dallo stemma araldico raffigurante tre mazze di legno, arnesi tipici del mestiere. Col tempo poi avevano cominciato a dedicarsi all'arte del vino, che di padre in figlio, era arrivata a Piero, padre di Lapo, proprietario della più ampia bottega del castello.


SER LAPO: La nostra torre si riconosceva da lontano. Quattro possenti archi erano sormontati da pareti in pietra ben levigata. Avevamo la cantina più florida, al centro del castello, dove i contadini perennemente a lavoro eseguivano le istruzioni di mio padre. Scrutavo i loro semplici gesti mentre puntellavano e legavano le viti con le mani nude. Gesti che per me, allora, non avevano senso.

STORIA:La zona di Carmignano era vocata alla produzione vinicola fin dal IX secolo, come testimoniavano alcuni importanti documenti vescovili ed imperiali; lì vi si annotavano la floridezza e la vastità dei terreni coltivabili: “, silvis et vineis”, dati in affitto con una formula della divisione del raccolto. La ricchezza del borgo era legata perlopiù a quella della terra.


SER LAPO: Cercavo di imparare da mio padre il significato della parola dedizione. Una costante e continua dedizione alle sue viti, come per secoli i nostri avi avevano fatto. Vissi quella parte della mia infanzia felice, convinto che quelle persone, quei colori, non mi avrebbero mai abbandonato; convinto che quell'incanto non potesse avere fine.Finché il paese si scoprì malato. Una coltre di cenere piombò su di noi: era arrivata la peste!

STORIA: Era l'Anno Domini 1348 quando avvenne il contagio anche a Carmignano. Il morbo era arrivato in Toscana assieme alle merci che provenivano da Oriente. Giunto a bordo delle navi pisane, aveva risalito instancabilmente l'Arno, fino ad invadere il territorio di Carmignano. La prima vittima innocente fu una bambina. I medici accorsi al capezzale non fecero altro che accertarne la malattia. Quello stesso giorno si registrarono nuovi casi. Il giorno dopo altri, e altri ancora il giorno successivo. Compariva sotto forma di bubboni arrossati e dolenti su tutto il corpo che crescevano fino ad esplodere. La gente moriva rapidamente tra grida di dolore e atroci sofferenze. Pareva che non ci fosse rimedio. Nei volti lividi e tumefatti, Lapo intuì la fine del suo mondo.


SER LAPO: Una stanca fila di appestati a fatica usciva dal castello. Nei loro passi la rassegnazione di chi è vinto dal proprio destino. Una donna davanti a tutti, teneva in braccio il corpicino senza vita della figlia, la prima ad essere colpita. La stringeva a sé cercando di donarle il calore che non aveva più. Dalle pieghe del lenzuolo, ciondolava il braccino inerte. Il suo sguardo profondo, glaciale, fisso nel vuoto, quasi a sfidare la morte, come chi non ha più nulla da perdere.
SER LAPO: Nel cielo di cenere si ergeva la sagoma di un angelo nero. Portava la morte, senza distinzioni. Implacabile recideva come una falce tutti i fiori del prato.
SER LAPO: Una sera mio padre tornò febbricitante. Nei suoi occhi, seppur ancora bambino, lessi la paura. Poi la morte rapì anche il suo sguardo. E ci separammo; per sempre.


STORIA: Per sempre Lapo decise di allontanarsi dal paese natale. Indossò una mantellina scarlatta e partì senza voltarsi indietro: tutto ciò che conosceva ormai era finito.

LAPO: Mio padre non c'era più, la mia famiglia dispersa, infranta come i miei sogni di bambino: sentivo un grande vuoto intorno a me. Alcune piccole lanterne erano l'unica presenza a farmi compagnia. Viandanti che come me erano in fuga dalla morte, dalla tristezza, dalla solitudine.All'età di 14 anni superai le montagne che avevo sempre osservato dal castello, sorvegliato dalla Luna che brillava sopra la vetta dei monti. Una luna pallida, malata, riflesso dell'amarezza del mio animo. Attraversavo i sentieri che conducevano lontano dalla vita che mi ero sempre immaginato: non avevo mai vissuto in posti diversi dal mio paese. Avevo bisogno di aiuto. Lo trovai in Andrea di Matteo Bellandi, caro amico. Fu lui che mi consegnò i soldi che mi permisero di diventare qualcuno.

STORIA: Andrea Bellandi intercesse per lui presso il più facoltoso mercante pratese, Francesco di Marco Datini, che, su consiglio dell'amico, investì una considerevole somma nella preparazione di Lapo:: “Questo giovane è rapido d'intelletto, però che sarebbe gran peccato non lasciarlo studiare, ma per bontade di Dio e la tua, si farebbe un valente uomo.

SER LAPO: Le montagne mi separarono dai brutti ricordi che avevo lasciato. A Bologna crebbi, dedicandomi allo studio del diritto, e ancora una volta donai colore alla mia vita.

STORIA: Diventato notaio a 22 anni, Ser Lapo decise quindi di tornare indietro. Cominciò il lungo viaggio di ritorno.
LAPO: Iniziai a discendere quei sentieri nel senso inverso da come li avevo attraversati la prima volta. Le orme che lasciavo alle mie spalle mi avvicinavano a quella vita che immancabilmente avevo smarrito. Ripensavo a mio padre, alle mie viti, a Carmignano.

STORIA:Lasciata Bologna, Ser Lapo si recò a Firenze, dove divenne consigliere ed ambasciatore incaricato dalla Repubblica Fiorentina di compiere numerosi viaggi nelle terre di confine.
LAPO: Camminavo, nella speranza di incontrare un'anima viva. La mia luce a stento rischiarava la superficie del terreno. Ma intorno a me comparivano solo rovine; in lontananza, una torre. La morte si presentava vestita di un nuovo nome: la guerra.
STORIA: Nel 1369 Ser Lapo fu testimone di uno scontro per il controllo di alcuni territori di confine. Vi erano impegnati l'esercito fiorentino, con il giglio rosso, e quello senese, con lo scudo bianco e nero. Dal campo di battaglia si levavano continuamente bagliori e fiamme rosse.
LAPO: Nella ferocia di ciò che i miei occhi vedevano, mi chiedevo il senso di questa guerra. Tornare dopo il mio esilio, e scorgere ancora nel volto di molti innocenti una triste rassegnazione.


SER LAPO: Alla fine della guerra il terreno rimase disseminato di cadaveri; chi non era morto sedeva in ginocchio, in attesa di cadere prigioniero. Nella mia giovane età avevo visto troppo male: riflettevo sulla cattiveria degli uomini, e volevo fuggire dai loro peccati.

STORIA: In qualità di notaio, Ser Lapo si ritrovò a conteggiare i costi di quella guerra. Sul suo tavolo giunse una lettera inviata dal Mercante di Prato, Francesco Datini, il suo nobile benefattore.

SER LAPO:Ci incontrammo nella primavera del 1370. Iniziammo a scriverci, prima per motivi di affari; poi, il nostro rapporto si trasformò in fiducia, quindi in amicizia. E non c'era settimana in cui non ci scrivessimo.
STORIA: Due personaggi contrapposti: Ser Lapo, legato alle tradizioni e al mondo corporativo, chiuso in un'epoca medievale che si stava esaurendo. Datini, intraprendente, artefice della sua fortuna, uomo libero dai dogmi imposti dal tempo. Proprio il tempo era l'argomento preferito del loro carteggio.

SER LAPO: Ogni tanto andavo a Prato a trovare Francesco. Rammentavamo le età passate, parlando del tempo che trascorreva invariato, ma che inesorabilmente cambiava le sembianze delle cose. Il tempo che unisce e che separa, che crea e che cancella, che torna e si dilata.

STORIA: Il tempo era l'argomento preferito del loro carteggio. Il tempo che faceva crescere gli alberi, che maturava i frutti, che mutava la natura. A detta di Lapo, un tempo benevolo.

STORIA: Ser Lapo non solo divenne notaio di Francesco, ma il suo più intimo amico, unito a lui da un legame che durò tutta la vita. Scrivevano di tutto: dall'economia alla religione, dalla cucina all'agricoltura. La vinificazione, l'acquisto e la conservazione del vino costituivano un punto di ricorrente attenzione.
SER LAPO: In una di quelle lettere accennai a mio fratello, alla nostra attività di famiglia, alla cantina e ai vigneti che possedevamo. Scrissi di quel nettare divino che mio fratello Leonardo, rimasto a Carmignano, mi mandava ogni anno. Gli raccontai della mia infanzia, e di quanto ancora mi sentissi legato a quei luoghi. Capii che mi mancavano.


STORIA: Ser Lapo fu il primo a scrivere del vino “di Charmignano”, nel 1378. Nelle pagine che si scambiarono, abbondavano i suoi commenti agli affari di Datini, a Monna Margherita, sua moglie, a cui insegnava la scrittura, ai figli che gli erano stati concessi, al richiamo sempre più forte della terra natale. L'amico, chiuso nel suo palazzo, lo esortava al ritorno a Carmignano.
SER LAPO: Era quello il destino che mi aspettava. Tornare nella mia terra, sentendo il peso dell'età che incideva il volto. E ritrovare quella vite che avevo piantato da bambino.
SER LAPO: Seduto sul dorso di mulo percorsi quelle irte strade che avevo disceso da ragazzo. Entrai nel castello di Carmignano in un pomeriggio di metà settembre. In tutto il paese fremeva un'attesa, si portava a termine la preparazione lunga un anno. Ne erano passati trenta da quando ero fuggito, eppure niente sembrava cambiato. Dall'alto i filari che solcavano i colli, mostravano i tralci punteggiati da grappoli d'uva matura.


STORIA: Scrutavano il cielo, sperando nel sole, poi una mattina partivano: i versanti delle colline si animavano di gente. Tutti lavoravano dall'alba al tramonto, prima per raccogliere l'uva nei grandi cesti, poi per pigiarla, senza concedersi un momento di riposo.
LAPO: Io ero cresciuto. E con me era cresciuta anche la vite che avevo piantato con mio padre. Mi recai in quel luogo, non era più lo stesso: la mia età era triplicata, mentre la vite che avevo piantato da bambino aveva dato i suoi frutti.
STORIA:Ser Lapo scriveva a Datini di aver ritrovato le sue umili origini, definendosi “di Carmignano, procuratore dei carmignanesi”, scoprendo nuovamente la poesia tanto cercata e i gioiosi piaceri della solitudine.
SER LAPO: Vagando mi trovai di fronte ad una cantina. Quelle pareti mi sembravano familiari. Mi aggiravo scrutando le pietre logore e i mattoni scrostati. D'un tratto la riconobbi: era la cantina della mia infanzia, dove ancora sembravano risuonare le parole di mio padre. Ricordai l'operosità degli uomini e delle donne, l'odore dell'uva appena pigiata; l'euforia, il sorriso della gente, e una grande allegria.


STORIA: La decisione di tornare a Carmignano fu veloce. Si trasferì in una casa del castello, per poter meglio occuparsi delle proprietà paterne. Lì ritrovò il volto del fratello Leonardo, e i capelli, ormai imbiancati, della madre, Monna Bartola.
SER LAPO: Volevo bene a mia madre. Dopo la mia partenza si era rinchiusa nei suoi pensieri per scappare alle avversità della vita. Era diventata una donna pia e devota, e spesso si rifugiava nella Pieve di Carmignano. Tornai da lei. Nel suo sguardo si riconosceva l'età avanzata, le ginocchia vacillavano sotto il peso degli anni. Era una delle poche persone che mi rimanevano in questo mondo. E l'unica che amassi.
STORIA: Nel 1401 Ser Lapo smise i panni di magistrato della Repubblica, liberandosi dal giogo degli affari di Stato. Divenne notaio di Santa Maria Nuova, il grande Spedale fondato da Folco Portinari, padre della Beatrice di Dante. Ne amministrava i beni, visitando campi e vigneti, e controllando lo stato e la rendita, affinché questi servissero all'altra sua famiglia: i poveri.


SER LAPO: Quando rincasavo tentavo di pregare Dio per loro, osservando i gesti di mia madre. Le mani congiunte, al petto, le labbra supplicanti che sussurravano orazioni. Come lei una sera, incantato dagli affreschi della Chiesa di Carmignano, mi prostrai sul freddo pavimento, in ginocchio.

SER LAPO: Supplicai più volte Francesco di compiere alcune opere buone per i poveri, seguendo l'esempio di altri mercanti. Sottrarre un po' di tempo ai suoi affari per la salute dell'anima, praticando le tradizionali opere di Misericordia.

STORIA: Da questi consigli venne il grande lascito che Datini fece, in punto di morte, alla Città di Prato, attraverso la fondazione del Ceppo, ente assistenziale che avrebbe avuto sede proprio nel Palazzo dove Datini aveva vissuto.
SER LAPO: Tra i pilastri della piccola Pieve avevo scoperto una nuova parte di me. La luce di decine di fiammelle tracciava il contorno del grande altare. La vetrata con la figura di San Michele mi fissava nella penombra delle navate. Potevo finalmente affermare di aver ritrovato quella pace che tanto avevo cercato.

SER LAPO: Questa è stata la mia vita. Un ultimo soffio di vento l'ha trasportata fino a qui, da un'epoca remota. E' cominciata un giorno, nella campagna di Carmignano, mentre tu, padre mi conducevi per mano. Se chiudo gli occhi mi rivedo bambino assieme a te. Camminavamo, avvolti dalla magica serenità di questi luoghi.
Non ci è concessa una seconda opportunità. Eppure padre, se tu fossi qui, ti chiederei il perché della tua assenza. Perché mi hai lasciato, su questa terra, ad ascoltare da solo il canto della vita. Con te non ho mai ascoltato i duri battiti del cuore, con te non ho mai avvertito lo scorrere degli anni.mi ritrovo qui, a fissare il cielo, davanti alla mia vite. Racconta la storia della mia esistenza: un solco lungo il mio passato. Il suo tronco nodoso si erge, scansando i pericoli del destino. Solo infondo, estende i tralci verso l'alto, quasi ad abbracciare il cielo che la sovrasta.
Padre, ciò che sono diventato ormai non ha molta importanza. Ciò che ero, le mie radici, adesso sono più salde di prima. Mi riempio del profumo delle zolle bagnate dalla pioggia e del sapore dell'uva appena raccolta. Mi distendo al sole, come i filari che ornano i colli di Carmignano. Come le tue piante di vite, ho impegnato tempo per maturare, e dare frutti. adesso potrò dirti serenamente addio, sicuro, come da bambino, quando prendendomi per mano, mi portavi sui sentieri della vita…

STORIA: Ser Lapo Mazzei rappresenta un tassello fondamentale della storia di Carmignano e di quel vino che l'ha resa tanto famosa nel mondo.
Questa è la nostra storia, l'eredità che Ser Lapo ci ha lasciato, avendo per primo parlato al mondo di Carmignano e del suo vino, che tre secoli dopo, un suo pronipote, Filippo Mazzei, saprà esportare anche in America.'unico ricordo che rimane di lui, è una scarna notizia in uno dei registri dell'ospedale: “ì Ser Lapo addì 30 ottobre 1412, eletto a gloria dal Popolo di Carmignano. Dio gli abbia fatto perdono”.

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Tutte le foto le potete trovare presso Alberto Sforazzini Fotografo - Via Giotto - Poggio a Caiano


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