Il filo rosso
Tremante ed incerto, senza essere più in grado di comprendere la prospettiva, traccio l’ultima sfumatura, sottolineo l’ombra della mano che si alza in segno di saluto e resto fermo, in silenzio, nella penombra della notte.
Guardo i quattro volti immobili, supplicanti davanti a me che chiedono di essere compiuti ed io senza più mani, con gli occhi pieni di lacrime ed in bocca un sapore acre e pungente, mi sento per la prima volta inerme davanti a loro.
Sento la rabbia che mi arde dentro e che giorno dopo giorno ha distrutto un pezzo di me, in una corsa affannata e disperata che mi ha portato via dalla mia terra, dai miei affetti e da Pontormo.
Mi volto e con quieto orrore percorro la periferia degli inferi, nel buio che precede la luce abbagliante, camminando da solo, mentre Carmignano lentamente si addormenta davanti a me.
Fuggo dagli altri, dalle paure della mia mente e resto solo, aggrappato al filo del mio destino, protetto da quell’abbraccio e da quella nuvola di colori, mentre urlo al cielo il mio nome…Jacopo.