Festa di San Michele - Carmignano - Prato


Vai ai contenuti

San Michele 2012 - Rione Giallo - Il mio tratto I tuoi occhi

2012

-


presenta

Il mio tratto... I tuoi occhi...

Nata a Carmignano, vissuta, emigrata, ritornata, perché da Carmignano non ci si può allontanare per sempre.
Quello che sentirete è il canto del mio cuore.
Ascoltatelo, è raccontato dalle voci della mia terra.
Per Voi Carmignanesi che avete una certa età sarà un modo per ritornare giovani e rivivere certi momenti che solo noi in quel tempo abbiamo vissuto.
Per tutti gli altri, figli e genitori dell’umanità, un esempio per non cadere in inganno, per poter un domani distinguere l’errore dall’errante.

Stasera vi voglio raccontare una storia, la mia.
Se chiudo gli occhi e torna a rivivere la mia infanzia non si materializzano solo i volti delle persone che benevole mi hanno accompagnato.
Davanti a me prende vita un carosello che corre veloce, una serie di fotogrammi che si illuminano prepotenti.
Ecco le mie gambe che correvano veloci.
Queste solo le mie labbra che gustavano i frutti maturi di un nostalgico autunno.
Quelle sono le mie mani sempre gelate nel lungo e freddo inverno.
E questo era il mio sguardo illuminato dalla forza della luce che abbagliando definisce gli sguardi ed i movimenti.

Adesso mi riconosco! Sono io! E davanti a me ci sei solo tu…

Mi sembra di risentille ora quelle voci…come le rigirano nella testa!!
Ogni anno il primo martedì di dicembre l’Antica Fiera tornava a illuminare le vie oscure dell’inverno ormai alle porte.
Salendo la strada che dalla Serra portava al paese pe’ la mano a’i’ babbo, ci passavano avanti mille ambulanti, eran tutti diretti alla piazza di Carmignano.
C’era l’ombrellaio, i’ cocciaio, i venditori di nicci, la vecchietta con il buccellato, i’ merciaio con il suo carretto pieno di pizzi e merletti.
Ma il mio preferito era il venditore di palloncini che oltre a questi vendeva i duri di menta, i brigidini di Lamporecchio ed il torrone duro per chi aveva i denti boni.
Sembra oggi va…io sempre pe’ la mano al babbo, per la piazza di Carmignano.
Lui col vestito bono, i’ cappello in testa e un cappotto verde che lo faceva rassomigliare a un generale dell’esercito.
A me dico la verità un po’ mi metteva soggezione ma nello stesso tempo e mi sembrava tanto bello.
Al calar di’ sole il mercato chiudeva i battenti e sentenziava l’andamento generale delle contrattazioni.
A quel punto il babbo s’avvicinava al mio banchetto preferito ed acquistava dei piccoli doni per ricordare la giornata.
Un si scordava mai di nessuno…i brigidini per nonna Amelia, i duri di menta pe’ la mamma, la ci impazzava!!! Ed un piccolo torrone da regalare ai bambini del vicinato che non potevano permetterselo.
Infine mi guardava negli occhi e mi diceva: “quale palloncino tu voi quest’anno…scegli il colore…” e io con gli occhi sognanti ripetevo: “ROSSO voglio quello ROSSO”.
Questo momento era un vero e proprio rito per me fino a quando crescendo…
…era il dicembre del 1968, avevo 18 anni, ancora tre lunghissimi ed interminabili anni alla maggiore età (che a quei tempi era raggiunta a 21 anni).
La fiera unn’era più quella di una volta, la stava cambiando come il mondo fori di Carmignano.
Alla televisione appena comprata in famiglia si vedevano nuovi mondi e cose che fino ad allora nessuno aveva mai visto.
Inutile dire che tutto ciò comportava forti cambiamenti eccome!!! Nì modo di parlare e anche nel vestire.
Su un giornale tenuto gelosamente nascosto avevo visto un abito che nessuno a Carmignano aveva mai visto o indossato.
Per fortuna alla fiera di quell’anno arrivò un banco nuovo con abiti e accessori decisamente moderni.
In quel mese per le feste natalizie avrebbe aperto un luogo di ritrovo per i giovani dove suonare e ballare e fare festa, si vociferava che avesse un nome misterioso… IL GATTO NERO.
Non potevo certo andare a quell’inaugurazione con i vestiti che tenevo nell’armadio…
Nella zuffa delle mille ragazze che cercavano l’abito alla moda riuscii anche io a trovare l’oggetto per me… il primo problema era risolto…il secondo…era più difficile… come portarlo a casa senza destare sospetti??
Tra la gente del circolo che guardavano stupiti e divertiti la calca delle ragazze intorno al banco fui vista da un amico di mi’ babbo che indicandomi ad esempio lo fece sobbalzare dalla seggiola.
Un feci in tempo a rialzare gli occhi e lui:
“icchè t’hai comprato?” l’armadio a casa gli scoppia!”
Scappai via piangendo…erano anni ormai che un lo riconoscevo più, non accettava il fatto che io crescessi, che anch’io avessi i miei sogni e le mie idee.
Passarono pochi giorni e la serata dell’evento finalmente arrivò.
Io come una novella avventuriera sgattaiolai come sempre dalla solita finestra, arrivata ai cespugli dopo le du’ mura ci nascosi gli scarponi e via…con le scarpe nove…e dopo provai a allungare i’ passo nel buio. Grandi scalpiti un li potevo fare perché co’ tacchi unnè che potevo correre più di tanto.
Una volta arrivata alla meta il mio volto si illuminava di nuovo, la paura in un lampo spariva.
C’erano proprio tutti per questa festa.
A ripensarci adesso…certo da giovani e siamo proprio buffi!!!
C’era Chicco, il suo vero nome era Francesco ma siccome il diminutivo di Cecco gli sembrava da vecchio si faceva chiamare così.
Tra le amiche c’era la Miranda di Renacci, la Silvia del Pontormo, la Maria di Marcignano e dal Poggio dei Colli era arrivato anche i’ Divo che aveva già la patente ed una macchina che era uno sballo…
Lo chiamavano cos’ per prenderlo in giro, sembrava la brutta copia di Bobby Solo e Little Tony messi insieme, con quel ciuffolone lucido sempre a pettinarsi. Guai però a prenderlo in giro, diventava rosso di rabbia come un peperone.
Gnamo?? Montate che vi porto io in su’…
Essai tu ci fai un piacere di nulla!!! E un ne posso più di scapicollammi con questi tacchi!!! O ma poi tu ci riporti te…un facciamo tardi che sennò a casa l’è baraonda!!!.
A chi oggi mi chiede di quella sera e di com’era l’epoca mia ricordo solo che sentivamo battere forte il cuore e che bastava un nonnulla per farci dimenticare tutti i problemi, i soprusi, le ingiustizie che subivamo nelle nostre famiglie patriarcali.
In quella sera io danzavo solerte inneggiando alla vita.
Con la fine della serata come sempre si doveva ritornare a casa, in quella casa.
Me lo ricordo come se fosse ora, il suo sguardo fisso, gli occhi che non tralasciavano il minimo segno di compassione per la serata. Non ricordo molto altro, forse ci fu un diverbio finito a male parole, forse uno schiaffo… la mia mente ha cancellato la maggior parte di quel terribile momento.
Una sola cosa ricordo, nel silenzio assordante in cui la mia mente cercava conforto:
il mio specchio infranto, in mille meteore scintillanti piombate a terra.
Fu in quei riflessi argentei che si materializzò l’immagine di una nuova me.
Avevo preso coscienza di me stessa e del rapporto ormai distrutto con l’uomo che mi accompagnava mano nella mano in quella mia infanzia felice così lontana.
C’era una sola cosa da fare: fuggire!
Trovai aiuto presso una mia lontana cugina che studiava a Roma,
ripresi gli studi abbandonati in tenera età per lavorare, mi diplomai ed iniziai a frequentare l’università scegliendo la facoltà di Giurisprudenza.
Mi ricordo che quando discussi la tesi mi dissero “che bell’accento toscano”
Era il terribile periodo degli anni di piombo, ogni giorno un corteo di protesta, un’adunata, un continuo fermento cha da un lato mi attraeva come forma di emancipazione ma dall’altra mi terrorizzava.
Si sentivano notizie aberranti, attentati, sequestri di persona, omicidi.
Io continuavo a guardare avanti fiduciosa negli amici, nei miei valori, nella mia nuova vita.
Ripensando a tutto ciò mi viene i bordoni e non sono sicura di aver fatto in quel momento le scelte migliori.
Laureata a pieni voti ho conosciuto mio marito, un incontro casuale.
Una persona splendida, leale, che ha capito la mia indole e cercato di smussare anche un po’ il mio temperamento.
Adesso ho una famiglia unita e felice…l’unica cosa che mi manca adesso devo ammetterlo, babbo, sei tu.
Ho deciso di tornare a Carmignano, il paese dove sono nata e cresciuta.
Non posso più continuare a tormentarmi con mille domande che affollano la mia mente da quella maledetta sera.
Non sono sicura delle tue reazioni, di quello che io potrò provare nell’istante in cui rivedrò il tuo volto. Ma devo tentare, devo riuscire a capire se veramente tutto è perduto.
Finalmente ti vedo ad un tratto…il mio tratto…i tuoi occhi.
Oh babbo, ma il gatto nero?? …ma che fine ha fatto??
Un c’è più, gl’è chiuso!! Un tu’ lo vedi?? Al su’ posto c’è la farmacia…le son cambiate tante cose…e son cambiato anch’io…

T’avevi ragione…un potevo capire che tu crescevi, t’avevi i tu’ interessi
L’amiche e gli amici è…
E come t’andavi vestita…che credi che un me ne fossi accorto??
Un lo volevo ammettere ma tu eri dimorto ma dimorto perbene…anche troppo…

Oh babbo…tu mi fai vergognare ora…tutti questi complimenti, tutti insieme…o come mai??

E sarà che nì rivedere te ora mi ritorna la nostalgia di que’ tempi… i’ gatto nero, gli amici di’ barre che n’è rimasti pochi…le canzoni che un sono più neanche cantate…

Ma noi babbo e un siamo mutati tanto… se tu guardi bene nì tu viso e ci si riflette sempre i mì occhi.

Il Rione Giallo ringrazia vivamente tutti i rionali per l’impegno profuso per la buona riuscita della sfilata. Tra loro ci hanno prestato le voci Pierpaolo Pagliai, Patrizia Morelli e la piccola Carlotta Batisti. Inoltre un grazie a chi ci ha fatto ballare, la Scuola di Ballo Gymo’s Dance School, a chi ci ha illuminato, la S.t.o. Servizi Tecnici Operativi di Prato, a chi ci ha vestito, Grazia Toccafondi e a chi con pazienza e dedizione ha reso possibile tutto ciò, Antonella Arena.

IndietroPlayAvanti

Condividi su

condividi su facebook

Foto e contenuti sono liberamente riproducibili dagli utenti, ma con l'obbligo di indicarne la fonte: festadisanmichele.it
Foto gentilmente concesse da Alberto Sforazzini Fotografo - Via Giotto - Poggio a Caiano


INDIETRO


Torna ai contenuti | Torna al menu